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Tag: alla ricerca del sublime

Stefano Galli: l’incanto della verità

Fare fotografia è una questione personale. Quando non lo è, i risultati non sono convincenti. Se non possiamo ritrovare il fotografo dentro la fotografia , ciò che vediamo non si discosta dal prodotto di un anonimo apparecchio, capace di felici conseguenze, ma non di una risposta alla forma” Robert Adams.

Incontro Stefano alla stazione delle corriere di Bologna. Il luogo lo sceglie lui, spiegandomi di esserne affascinato dall’atmosfera vecchia, ma senza tempo. Dalle insegne, “immobili e immutate da 40 anni, che saranno immobili e immutate per i prossimi 30”.
La stazione è anche un centro di passaggio, un incrocio di persone e di vite.
Mi spiega di essere in un perenne stato di positiva agitazione, che lo tiene sveglio, lo spinge a fare cose e ad avere sempre il cuore a mille.
Capisco perché la sua mamma lo definiva “un’anima in pena”.
“Devo andare alla ricerca di tutto ciò che altrimenti perderei”.
Paradossale e interessante come, dalle sue fotografie e dai suoi film, traspaia invece una sensazione di calma, di silenzio, di attenzione ai dettagli e di rispetto per i luoghi e il tempo.
Quasi che la contemplazione di quello che, ai suoi occhi, è bello, sia avvolto da un’aura di malinconico rapimento, che necessita cura, pace e solitudine per essere capita e raccontata.
Stefano la solitudine la ama, il sentirsi “da solo in mezzo agli altri”, nascosto e protetto dalla sua macchina fotografica, gli permette una visione del mondo di più intima profondità.

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©StefanoGalli                                ©StefanoGalli

Dietro ad ogni scatto c’è il bagaglio personale di riflessioni e di ricordi di chi guarda.
Per Stefano c’è l’infanzia trascorsa tra le auto di Modena, gli amici skater, la laurea in cinema a Torino, il trasferimento a Copenhagen per affiancare Lars Von Trirer – un genio e una persona bellissima, mi dice.
C’è poi Londra. C’è Los Angeles, città che ama e nella quale oggi vive e lavora.
Ci sono le ore trascorse immergendosi totalmente nella vita di artisti, per conoscerne ogni dettaglio, professionale e personale, per capire la loro evoluzione. Per ispirarsi, per imparare, per trovare un senso.

Stefano è un fotografo, che anche realizza video. Che sembrano fotografie.
L’approccio alla ripresa è infatti sempre fotografico: il girato viene realizzato con il supporto di un cavalletto, in frame che ricordano fotografie. Dentro queste fotografie i personaggi si muovono e sono raccontati attraverso suggestioni sia visive che sonore.
Il sogno di Stefano è pubblicare libri, e che qualcuno, un giorno dica “per fortuna che Stefano Galli ha fatto queste foto, così possiamo vedere com’era Los Angeles negli anni 2000, o com’era Bologna nel 2015.”

Quello che speriamo di ricevere dalla sensibilità del racconto di un artista è proprio un’indicazione, un’intuizione, una direzione, un suggerimento per comprendere il mondo.
“Quello che vedo è bello, e come tutte le cose belle, meritano di essere immortalate. Il fotografarle è un modo per rendere loro omaggio”.
C’è un incanto e un rispetto nel suo modo di raccontare, che spinge le persone a fidarsi di lui.
Lo si può vedere nei suoi ritratti, o nel docu-film Lamerica, nel quale spiega l’America attraverso gli Americani, in un viaggio attraverso 24 stati, in compagnia di una pellicola 16mm.

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Credo sia come restituire un favore: capiamo e impariamo da chi ha rischiato, si è messo in gioco, ha scavato nella propria percezione per raccontarci l’essenza del mondo, secondo il suo punto di vista.
Un bel modo di ringraziare, è provare a fare lo stesso, per chi viene dopo di noi.
Stefano mi racconta di rischiare dal giorno in cui si è laureato.
“Il rischio più grande è lavorare ogni giorno come fotografo: l’unica cosa certa è l’incertezza”.
Soprattutto, ha rischiato nell’ultimo anno, dando più spazio ai suoi progetti personali, piuttosto che ai lavori commerciali.
E’ trascorso qualche mese da quando l’ho incontrato, e lo ritrovo ora, ospite all’ultima edizione del Festival del Cinema di Torino, proprio con un suo progetto personale, intervistato da prestigiose riviste e invitato da realtà internazionali, per raccontare il suo lavoro.

E mi ricordo perché ho sempre la viscerale esigenza di approfondire visioni personali, non oggettivanti, della realtà; vite di artisti, che raccontano la loro personale visione del mondo, contribuendone alla crescita umana, artistica e spirituale.
E’ incredibile quanto l’istinto, vissuto con onestà, coraggio, perseveranza e senza paure o condizionamenti, porti al farci vivere il sogno di una vita piena di significato.
Scrivo queste righe, guardando, e ascoltando, i suoi 80 Skies (The Video) e Stillness.
E mi ricordo di come, un punto di vista interessante su un oggetto banale, possa rendere lo stesso oggetto bellissimo.
La stessa sensazione ce l’ho guardando la sua serie Cars, o i suoi paesaggi americani.
Forse la voglia di raccontare oggetti comuni viene dalla visione della vita del suo papà, medico, mentre l’aura di affascinante decadenza nella quale Stefano riesce ad avvolgerli, è eredità della sua mamma, pittrice.
Un’armonizzazione di elementi, pragmatici ed emozionali, realizzata con apparente facilità, che rende il suo lavoro importante.
E alla fine, quello che importa a Stefano, è proprio raccontare la bellezza della verità.

Gli artisti fanno arte per un motivo: testimoniare e documentare lo “splendore”, la luminosità assoluta della bellezza.
E solo la bellezza, anche se a volte dolorosa, guarisce.

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©StefanoGalli

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©StefanoGalli

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©StefanoGalli

“Se stessi fermo, non girassi a piedi, non osservassi, non guardassi; impazzirei” Stefano Galli.
“Vorrei trovare qualcosa che abbia altrettanto senso del semplice guardare” Theodore Roethke.

www.stefanogalli.com

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Alla Ricerca del Sublime: Lorenzo Fonda

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Lorenzo Fonda, cresciuto artisticamente a Bologna, sta vivendo il suo sogno con tenacia e passione a Venice Beach, una delle spiagge più belle del mondo.

Ci ha aperto le porte della sua casa, un mix di sensazioni e idee che ci accolgono in un mondo artistico e creativo di rara intensità

Nello scegliere la perfetta location per il mio shooting ho pensato che il posto migliore per ritrarre un artista sia il luogo nel quale vive e crea.

Un’oretta prima del nostro appuntamento Lorenzo mi chiede di posticipare: “scusami, vorrei sistemare un po’ casa”.

Quando arrivo lui mi fa strada fino al primo piano di un complesso tipicamente californiano, di quelli con gli appartamenti dalle porte sottili che si susseguono su un unico balcone lungo e stretto.

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Entriamo in casa.

Lui è perfetto nella sua camicia a scacchi e i capelli in ordine.

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Il suo mondo creativo invece è un meraviglioso caos di riviste una sopra l’altra, decine di libri d’arte, copertine del New Yorker appese alla parete, mappe geografiche, disegni e frammenti di viaggi e ricordi; ai muri e sul soffitto fogli, idee, disegni e foto come brain-storming per il suo prossimo progetto.

Enormi zaini per terra: non capisco se sia appena tornato da un viaggio o stia per partire.

Tre monitor e, soprattutto, una finestra sono la sua postazione di lavoro.

Mi guarda, consapevole dell’impatto che tutto questo possa avere su un visitatore esterno: “è un casino”, mi dice.

E’ perfetto.

Questo è il suo mondo, la sua essenza.

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Lorenzo Fonda è un regista, un illustratore, un artista che ama utilizzare diversi strumenti per esternare idee e sensazioni.

E’ un artista di quelli che scelgono di vivere sulla Boardwalk, a Venice Beach, perché dalla finestra si può vedere l’oceano.

E perché proprio di fronte a lui si trova uno degli skate park più belli del mondo.

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Lorenzo ha speso buona parte della sua adolescenza solcando centinaia di chilometri tra le vie storiche di Bologna con il suo skate.

Mi spiega che essere uno skateborder, in qualche modo, ha influenzato profondamente il suo essere artista.

Lorenzo scopre fin da ragazzino la sua passione per disegni e video.

Si forma in Italia, prima a Modena e poi alla Fabrica di Treviso, una factory creativa che gli permette di dare forma alle sue idee e realizzarle tecnicamente.

La sua famiglia capisce fin da subito questo suo lato un po’ fuori dagli schemi e decide di appoggiarlo nel suo percorso.

Dopo anni di tentativi, crescita personale, artistica, e una gran tenacia, Lorenzo decide di tentare la fortuna e di volare a New York per mostrare il proprio lavoro ai suoi studi preferiti.

Il viaggio è apparentemente senza esito concreto, ma Lorenzo torna in Italia con tanta voglia di crescere, affinare il suo stile e maturare come artista.

Dopo un anno riceve due telefonate, a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, da due agenzie di New York, le stesse nelle quali aveva avuto il colloquio tempo prima: “abbiamo monitorato il tuo lavoro, per noi ora sei pronto”.

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16Lorenzo trascorre un anno con il noto street artist Blu, anche lui cresciuto artisticamente a Bologna, seguendolo in un documentario, “Megunica”, attraverso il centro e il sud del’America (Messico, Guatemala, Nicaragua, Costa Rica e Argentina), per poi imbarcarsi da solo su una nave da carico, la Portland Senator, per attraversare l’Oceano Pacifico, rotta Los Angeles – Shanghai.

Il viaggio dura 17 giorni e Lorenzo decide di raccontarlo in uno short-film.

Se una sera siete a casa da soli, versatevi un bicchiere di vino e guardate “10 cose che ho imparato sul mare”.

Profondo. Spaventoso. Rilassante. Vero.

Dopo quasi 5 anni vissuti a Los Angeles Lorenzo si trasferirà a breve a New York . Alterna i suoi progetti di ricerca personale a lavori commerciali.

Ha collaborato con Nike, MTV, Alfa Romeo, Converse e il National Geographic Channel.

Ha diretto video musicali per band come Scissor Sisters, Metronomy, Bright Eyes, Jamie Woon, Bernhard Fleischmann, For a Minor Reflection e altri.

I suoi video sono ironici, eclettici e sempre ricercati, come se andassero a cercare qualcosa che nella vita solo i bambini possono vedere ma solo le menti libere possono cogliere.

Mi perdo nei suoi racconti, nelle sue prime illustrazioni, nel disegno che Matt Groening (ideatore dei Simpson ) gli ha regalato dopo avergli fatto i complimenti per il suo lavoro, nella storia di come ha trovato un foro di proiettile nel muro della sua stanza e di come, vivendo in una California senza inverno, gli sembra, in qualche modo, di vivere in vacanza da quattro anni. Mi perdo nel cercare di fargli togliere una grossa maschera che si è messo sul viso quando ho iniziato a fotografarlo, spiegandomi che tanto si sente a suo agio dietro all’obiettivo, quanto invece no dall’altro lato, e mi rendo conto che il sole sta tramontando, ed io voglio assolutamente fotografarlo anche allo skate park sulla spiaggia.

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Scendiamo le scale e siamo subito davanti a questa immensa struttura di ferro, possente ma dalle curve morbide, tra palme, sabbia e uno degli abituali-da togliere il fiato tramonti di Los Angeles.

Lorenzo ama gli spazi isolati e silenziosi ed io, fino a questo momento, non avevo capito la sua scelta di vivere in uno dei luoghi più turistici del mondo.

In realtà c’è una strana quiete in tutto questo caos e nel rumore delle ruote dello skate sull’asfalto, tanto che, se si vuole, permette di osservare senza essere visti.

Lorenzo preferisce godersi in silenzio il tramonto. E io scatto il suo miglior ritratto che possa realizzare.

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LA MIA PRIMA MOSTRA: WHITE SHOW, Milano Fashion Week FW15

LA MIA PRIMA MOSTRA, OSPITATA DURANTE WHITE SHOW, NEL CORSO DELLA MILANO FASHION WEEK FW15

Ricordo ancora la telefonata, nel pieno di uno shooting.
“Ti interessa esporre le tue immagini al White Trade Show, durante la Milano Fashion Week?”
“Sì, certamente.. magari!”
“Mandami una selezione di immagini, così propongo il tuo lavoro, stanno valutando quale fotografo scegliere”
“Ok, finirò lo shooting stasera tardi, te le invio domani”
“Meglio se me le mandi stanotte”
“Ok”
Da un lato mi sono chiesta se le chances che il mio lavoro venisse selezionato fossero reali, dall’altra mi sono comunque sentita felice anche solo per l’opportunità di mostrarlo.
Ricordo poi diverse ore trascorse tra centinaia di scatti, recenti e meno recenti, per valutare quale fosse la selezione migliore da proporre, e più in linea con l’evento.
Ho sempre trovato l’editing uno degli aspetti più importanti e impegnativi del mio lavoro, al quale presto sempre molta cura.
Ricordo poi che il mattino successivo avevo un meeting confermato molto presto.
Appena ho avuto modo di controllare l’IPhone, ho trovato messaggi, mail e chiamate.
“Hanno scelto le tue foto, ti chiameranno i responsabili dell’organizzazione”
Ecco, da quel momento non ho più un flusso di ricordi temporalmente sensato, ma tanti frammenti e sensazioni.

Stupore. Presa di coscienza. Felicità. Corsa. Stampe giganti. Converti in una risoluzione da grattacielo. Pensi sia il caso di andare? Sei matta se non vai! Ansia eventi sociali. Prenota viaggio. Prenota Hotel. Avvisa gli amici che seguono la mia pagina. Felicità per il supporto. Constatazione che gli amici sono quelli che condividono con te i momenti difficili, ma soprattutto quelli che sanno essere davvero felici per te in quelli belli e importanti. Soprattutto quelli che sanno quanto è stata dura la tua strada. Scegli cosa indossare. Panico-selfie. Ok, mi vestirò come sempre. Jack Daniels mi farà sentire meno a disagio (il mio cane, non il whisky ). Priorità: godersi quello che sta succedendo. Preparazione valigie la notte prima. Viaggio. Arrivo. Due gigantografie nei portoni di accesso al White, in via Tortona. Il mio nome scritto dappertutto. Entriamo. Wow. Allestimento delle 9 immagini scelte meraviglioso. Visi conosciuti. Amici. Familiarià. Non lasciare che le piccole cose negative rovinino quelle davvero belle e importanti. Felicità. Foto. Incontri. Foto. Incontri. Per i prossimi due giorni niente tacchi. Cena. Serata. Navigli. Ancora White. Ancora amici. Amici venuti apposta da lontano. I miei genitori. Visita delle altre aree dell’evento. Designer incredibili. Ispirazione. Soddisfazione di far parte di qualcosa di interessate, creativo e bello. Fare i selfie alla fine è divertente. Soprattutto indossando creazioni uniche. Alla fine Milano mi piace. Più ora di quando frequentavo l’università. Charly e Jack Daniels tornano a casa. Attimo di smarrimento. Ripresa di coraggio. Amici. Foto. Incontri. Riunione inaspettata. Saluti. Corsa. Meeting interessante. Corsa. Ultimo treno. Casa. Pienezza. Idee. Energia. Positività. Voglia di azione.

Si dice sempre che la perseveranza sia importante tanto quando il talento.
Credo anche che ciascuno debba imparare ad ascoltare i propri tempi e le proprie esigenze, e avere il coraggio di seguire i propri gusti, di dire dei no, di focalizzarsi a realizzare le proprie idee e di non farsi condizionare troppo dalle mode del momento, o dal riscontro che potrà avere il proprio lavoro. E alla fine buttarsi.
Mano nella mano con la nostra crescita professionale e artistica, c’è anche la nostra crescita emozionale, culturale e personale, che rende, di conseguenza, più interessante e piena di significato la nostra espressione creativa.
Non è una gara a chi arriva primo, ma una presa di coscienza del viaggio e un arricchimento costante che deve essere capito, assimilato e vissuto. Solo così ha un senso, almeno per me.

Grazie mille ha chi ha reso possibile questa bellissima esperienza, in particolare a Jurgita e Filippo (http://www.birikbutik.com/) e a White Trade Show (http://www.whiteshow.it/) per aver creduto nel mio lavoro.
Grazie di cuore al mio super team che, ogni giorno, mi supporta, artisticamente, tecnicamente ed emozionalmente, nella realizzazione del mio lavoro. Grazie a tutti gli amici per il costante e grandissimo supporto ❤
A prestissimo con i prossimi progetti!

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INTERVISTA PER LILAC PHOTO MAGAZINE: PERCHE’ FOTOGRAFO PERSONE

LILAC PHOTO MAGAZINE MI HA DATO LA POSSIBILITA’ DI RACCONTARE COME VEDO E VIVO QUESTA PROFESSIONE.. ECCO ALCUNI SPUNTI

 

Identità. Ricerca di risposte. Forse è questo per me la fotografia: l’ossessione di capire il mondo, e il posto che occupo io.

Fino alla laurea ho portato avanti questa ricerca immergendomi nei mondi che trovavo raccontati nei libri, al punto di farli quasi diventare la mia realtà. Terminati gli studi classici, un po’ perché stanca delle parole, un po’ per voglia di iniziare a toccare empiricamente le cose, un po’ per spirito di sopravvivenza, mi sono avvicinata alla fotografia. In silenzio, quasi senza accorgermene, quasi fosse un’evoluzione naturale.

Spirito di sopravvivenza. Ho sempre avuto difficoltà nel guardare le persone negli occhi. Tutte mi sembravano sempre migliori di me. Insicurezza, inadeguatezza e timore mi hanno sempre fatto abbassare lo sguardo per prima. Le parole, lette e scritte al buio, mi davano invece calore, familiarità, ispirazione.

In un momento di vortice, personale e professionale, mi sono ritrovata, sul lavoro (avevo aperto un’agenzia di modelle ed eventi ), ad avere in mano una fotocamera, fino a quel momento solo strumento di gioco, non prendendo mai in considerazione il fatto che potesse essere un lavoro.

Improvvisamente i personaggi dei miei mondi immaginari sono però diventati reali, si sono materializzati davanti alla mia privilegiata, sicura, posizione dietro all’obiettivo: la fotocamera mi regalato la sicurezza di entrare nell’intimità delle persone, senza tuttavia dover svelare nulla di me, obbligandomi comunque a fare un passo fuori dalla mia torre. E i puntini della mia vita si sono uniti: il fascino che visi e sguardi suscitavano in me da piccola, facendomi perdere per ore nel fissarli, cercando di capire cosa ci fosse dietro, ha iniziato ad avere un senso.

Viso dopo viso, occhi dopo occhi, ho iniziato a capire quanto ciascuna persona fosse incredibilmente bella nella propria unica e personale imperfezione. Quanto riempisse il cuore e arricchisse lo spirito ogni volta che qualcuno mi permetteva di sbirciare nel proprio piccolo, strano mondo. Ho iniziato a sentirmi molto egoista, povera, e un po’ vigliacca, nel momento in cui mi sono resa conto che non restituivo il regalo. È stato in quel momento che le parole, dette e scritte, sono tornate nella mia vita, permettendomi di chiudere il cerchio.

Credo che l’unica cosa che metta al riparo dal sentirsi giudicati, mentre ci si svela per cercare di “arrivare” alle persone, sia l’essere totalmente onesti nel mostrarsi. Chi non apprezza quello che vede, semplicemente non si trova sulla nostra stessa lunghezza d’onda, ed è umano che cerchi altri mondi, più vicini al suo.

Fotografo persone: modelle, artisti, uomini e donne.. chiunque abbia qualcosa che vuole mostrare o ricordare. E cerco di mostrare sempre la loro parte più bella e interessante, quello che c’è dietro, quello che, magari per un secondo, hanno deciso di svelarmi.

Insegno: raccontare e trasmettere il modo in cui vedo e vivo la fotografia mi aiuta capirmi di più. Il confronto mi fa crescere e trovo sia un bellissimo modo per ringraziare per quello che già ci è stato rivelato.

Ho imparato che, per portare avanti questa professione in modo sereno e gratificante, non si deve mai perdere di vista la motivazione che ci ha convinti che questa fosse la nostra strada.

Ho imparato che, se non ci si mette in gioco, mettendo la nostra parte più personale in quello che scegliamo di fotografare, e nel come lo fotografiamo, le immagini non saranno mai veramente interessanti.

Ho imparato che chiunque può toccare la sensibilità delle persone se ama quello che fa, se lo sente suo, e trova il suo unico e personale modo di ricercarlo ed esprimerlo.

Ho imparato che io amo osservare.

Ora però le persone le guardo negli occhi, soprattutto prima di prendere in mano la fotocamera.

Grazie mille a Lilac Photo Magazine per avermi dato la possibilità di raccontare qualcosa in più di me. Trovate l’intera intervista qui http://www.lilacphotomagazine.com/manuela-masciadri/

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VITTORIA BONINI COUTURE 2014

E’ con grande piacere che condivido la collaborazione con l’Atelier di Vittoria Bonini per la sua immagine 2014.

Vittoria è una stilista italiana. Abbiamo scelto una location come il Teatro di Villa Mazzacorati, costruito nel 1763, proprio per valorizzare il concetto di made in Italy. La nostra storia, la passione e la creatività dei nostri artisti sono una ricchezza grandissima nella quale, personalmente, credo molto.

Trovo estremamente stimolante lavorare all’estero, ma la magia che si respira entrando in posti suggestivi come questo, e toccando con mano la raffinatezza di tessuti e dettagli di abiti sartoriali, come quelli di Vittoria, mi fa capire sempre di più perché sono amati in tutto il mondo. Sono onorata di aver potuto fonderli e interpretarli.

L’idea è stata quella di allontanarci dal concetto di “catalogo moda sposa” tradizionale e creare qualcosa di più emozionale, ma sempre elegante e sensuale. Ho scelto un taglio cinematografico per gli scatti, quasi fossero una via di mezzo tra un fermo immagine di un film d’altri tempi e una pittura classica.

Buona visione!

photo: Manuela Masciadri

abiti: Vittoria Bonini Sartoria

make up and hair style: Rossano Fasano

model: Maja @2morrow models

Grazie mille al Quartiere Savena del Comune di Bologna per averci ospitati nel bellissimo Teatro di Villa Aldrovandi Mazzacorati

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Il progetto

Ti senti un’artista?
Mi è stata posta spesso questa domanda e non ho mai avuto molto chiara la risposta da dare. Da un lato ho sempre trovato presuntuoso auto-definirmi tale, dall’altro ho sempre sentito un grande bisogno di vivere in modo creativo, di esprimere sentimenti e sensazioni, paure e passioni, e di vivere la vita il più intensamente possibile.. quasi come se il non farlo fosse una perdita di tempo.

Poi mi sono chiesta: sì, ma chi è un artista?
Per me un artista è chiunque cerchi di fare della propria vita un’opera d’arte (concetto che prendo in prestito volentieri da D’Annunzio).
E allora sì, è esattamente quello che ho sempre cercato di fare della mia. Da quando ne ho memoria.

In questo senso non mi fa paura auto-definirmi un’artista. Sono orgogliosa di esserlo perché ne porto cicatrici importanti: ho storie da raccontare, persone interessanti incrociate sulla mia strada delle quali vorrei che il mondo sapesse pià in profondità, e momenti tanto intensi che vorrei condividerli con chi sente le stesse cose.

Chi si sente confuso e non riesce a capire qual è la sua strada, ma sente il bisogno di non smettere di cercare, chi ha paura di provare a mettersi in gioco davvero, chi ha provato almeno una volta la sensazione di pienezza, felicità, adrenalina e soddisfazione nell’aver fatto qualcosa che abbia avuto veramente un senso.. o chi magari è solo curioso di dare un’occhiata alle vite di persone che cercano di viverle in modo intenso e coraggioso. 

Da tutto questo nasce il mio progetto “Alla ricerca del Sublime”.
Prendo in prestito questa frase da Lorenzo Fonda, artista con il quale ho avuto il privilegio di chiacchierare, che mi ha aperto le porte della sua casa/studio di Los Angeles, e che mi ha permesso di entrare un po’ nel suo mondo.
La mia voglia di voler sempre vedere cosa c’è dietro la superficie, e questo, quasi casuale, incontro, mi hanno ispirato per questo progetto, che racconta di persone che stanno facendo della propria vita un’opera d’arte, e che hanno voglia di condividere con me sensazioni, motivazioni, storie e pensieri nel loro unico e personalissimo modo.

Spero che quello che condividerò possa essere d’ispirazione, forza e interesse per voi, quanto lo è per me.
La prima vita che voglio condividere è proprio quella di Lorenzo.