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Tag: fotografia di moda

Intervista per My White Box

MANUELA MASCIADRI: FASHION EDITORIAL PER MY WHITE BOX

MANUELA MASCIADRI & MY WHITE BOX, INSIEME PER UN REDAZIONALE MODA

Con grandissimo piacere, ho accolto l’invito del Team di My White Box, ad inaugurare la propria nuova sezione, “Fashion Editorial”.
In collaborazione con  Manuela Mezzetti, che ha curato lo Styling, ed Alessio Giovannelli, per Make Up ed Hair Style, abbiamo realizzato una redazionale dal sapore espressionista e melanconico, a breve in uscita su queste pagine.
Per l’occasione, mi è stato chiesto di raccontare come vedo e vivo questa professione.

Una parola per descrivere la “macchina fotografica” intesa come mezzo attraverso cui esprimi la tua arte.
Rispondo con una citazione di Robert Adams:
“Fare fotografia è una questione personale. Quando non lo è, i risultati non sono convincenti. Se non possiamo ritrovare il fotografo dentro la fotografia, ciò che vediamo non si discosta dal prodotto di un anonimo apparecchio, capace di felici conseguenze, ma non di una risposta alla forma”.

Dopo la tua mostra al White Trade Show, la tua carriera da fotografa è cambiata ?
La collaborazione con White, ormai giunta per me alla terza edizione, con una nuova mostra personale, in lavorazione in questi giorni, e prevista per Febbraio, ha contribuito notevolmente alla mia crescita.
Sono infinitamente grata per la fiducia che mi viene rinnovata.

POTERMI RELAZIONARE CON DESIGNER E CREATIVI, TRA I PIù IMPORTANTI SUL PANORAMA FASHION, E’ UNA FONTE DI RICCHEZZA UMANA E CREATIVA INCREDIBILE .

Credi che il mondo della fotografia sia meritocratico?
Dipende cosa si intende per “mondo della fotografia”.
In linea generale, credo che la meritocrazia esista a lungo termine: se si rimane fedeli alla propria identità, e si continua sulla propria strada, con tenacia, senza competizione e senza seguire la moda del momento, il riscontro vero arriva.
Il web è uno strumento piuttosto democratico: permette a chiunque di esporsi e mettersi in gioco, e io trovo che sia una grandissima opportunità, di visibilità e di evoluzione.
Non sono interessata al numero di “fan virtuali”, bensì alla qualità.
Amo chi segue il mio lavoro, esprimendo punti di vista e proponendo spunti di riflessione, diventandone, di conseguenza, parte integrante.
La condivisione non ha senso se non per confronto, finalizzato ad una crescita da entrambe le parti.

Quanto conta la ricerca personale in questo lavoro ?
La ricerca personale è l’essenza della fotografia, intesa come espressione individuale. Ciascuna visione personale, onesta e soggettiva, finalizzata alla creazione di bellezza e di significato, contribuisce alla crescita umana, non solo individuale, ma anche collettiva.
A livello commerciale, avere una propria identità stilistica, coerente ma sempre in costante evoluzione, nei contenuti e nella forma, è fondamentale per creare e mantenere sinergie, e per trovare il team perfetto per raccontare il mondo di ogni singolo brand, per quanto riguarda la fotografia di moda;  per interpretare un individuo o un artista, nella fotografia di ritratto.

Immagina di guardare i tuoi primi lavori. Cosa ritrovi della Manuela Masciadri di allora nei tuoi scatti attuali ?
L’attenzione per le persone, prima inconsapevole, ora totalmente cosciente.
La ricerca dell’emozione e della personalità, in uno sguardo o in un gesto; è sempre quello che mi affascina di più.

Pensi che la tua fotografia possa esistere senza volti/ persone ?
Non so dove mi porterà la mia ricerca, un domani, ma, fino ad ora, non c’è mai stato nulla che mi abbia interessato di più, che approfondire l’essere umano. Credo che la moda in sé, non possa esistere senza volti o persone.

Secondo te la fotografia di moda è capace di farci capire il mondo o si limita a farci arrivare a quello del fotografo?
Soggettivismo e interpretazione sono fondamentali, perché uno scatto sia interessante; la realtà quindi risulta naturalmente filtrata dal background non solo di chi la immortala, ma anche da quello di chi ha disegnato un capo, o scelto un accostamento.
La moda è comunque, sempre, espressione di un momento storico e culturale; ha quindi la capacità di mostrare uno scorcio del mondo, nel quale viviamo.

Prediligi la foto in bianco e nero o a colori ?
Mi è stato detto più volte che le mie fotografie sembrano immagini in bianco e nero, ma a colori. Il “colore non colore” è quello che mi permette di raccontare fedelmente la realtà (penso alla tonalità della pelle, o dell’iride, ad esempio ). Non ricercare elementi cromatici troppo forti, mi aiuta a non distogliere l’attenzione dalle sfumature espressive e umane dei soggetti, e a creare una sensazione generale di armonia.
In questo periodo sto sperimentando il disegno di volti a carboncino, utilizzando solo il nero.
Generalmente ridisegno fotografie che ho scattato, e questa tecnica me le fa re-interpretare in una chiave diversa, meno fedele alla realtà, più contrastata nelle luci/ombre, più vicina sicuramente ad un’estetica simile a quella di Peter Lindbergh, fotografo che apprezzo molto, per l’intensità espressiva della sua visione. La differente forza dei due canali (fotografia e disegno ) mi incuriosisce molto.

Nei tuoi lavori emerge una grande attrazione per i volti. Quali sono le caratteristiche che ti portano a scegliere il soggetto dei tuoi scatti?
Generalmente sono i soggetti che scelgono me.
Non sono mai stata brava nei casting: trovo sempre qualcosa di bello e interessante in ciascuna modella.
Nella fotografia di moda cerco sempre di intuire quale possa essere il volto che meglio rappresenti il brand che devo fotografare.
Nei ritratti succede il contrario: sono i soggetti stessi a commissionarmeli.
Sicuramente la capacità espressiva, e il “sentire il set”,  sono caratteristiche che ricerco costantemente in tutte le persone con le quali collaboro, che siano modelle, Make Up Artist o Stylist.
La foto che funziona è sempre quella che ha in sé la magia che si è creata nel momento in cui la si è scattata.

Intervista apparsa su http://www.mywhitebox.it/manuela-masciadri/

Intervista per Downtown Mood

INTERVISTA PER DOWNTOWNMOOD – URBAN FASHION BLOG

COSTRUZIONE DI UN AMORE.. DI CATALGO.

Appuntamento al “Fermento” nel cuore di Bologna, per un aperitivo insolito con Manuela Masciadri, giovane ritrattisa e fotografa di moda, con al suo attivo un curriculum già denso di collaborazioni importanti in Italia, Europa e America, e una laurea in Letteratura all’Università la Cattolica. Mi accoglie con le copie dell’ultimo catalogo della Sartoria Vittoria Bonini ancora odorose di stampa: “Alta Moda Sposa made in Italy” recita la copertina, che già mi ben dispone alla chiacchierata/intervista.
Conosco e seguo Manuela da diversi anni, le nostre strade si sono incrociate a volte attraverso percorsi più o meno fortuiti, e finalmente di recente si è presentata l’occasione di una collaborazione vera che ha visto Eleonora, modella della 4uppermodels, tra le protagoniste del suo ultimo servizio dedicato alla nuova Collezione Vittoria Bonini. Un Atelier a pochi passi dal centro di Bologna, la cui fondatrice e stilista, appassionata di musica classica e arte, nonchè delle icone del cinema anni ’50, ha saputo coniugare in modo sublime questi amori con quello per l’artigianalità tutta italiana.
Come nasce il progetto nell’insieme?
Per prima cosa vado nell’Atelier di Vittoria dove lei mi mostra gli abiti che verranno fotografati e pensiamo ad un contesto italiano storico, di pregio, che possa essere la location ideale dello shooting. Quest’anno l’incontro è avvenuto ad agosto e tra agosto e settembre ho fatto le mie ricerche per proporle una rosa di 4/5 location italiane. L’attenzione si è subito concentrata sulla Venaria Reale di Torino, affascinante per la sua similitudine con la Reggia di Versailles, di cui ho scoperto avere in comune l’architetto che diede inizio ai lavori, con la differenza che la Venaria invece di avere gli specchi nel corridoio del salone centrale ha degli oblò, che fanno entrare ancora più luce, perfetto per me che sono nel mio momento luce, per cui mi piace che sia tutto luminoso, etereo. A differenza dell’anno scorso in cui ero in un periodo in cui ricercavo i contrasti tra luci e ombre, da cui la scelta del Teatro Mazzacurati di Bologna come cornice, quest’anno volevamo mantenere il filone della location storica ma in chiave più luminosa.
E raccontami, come si è svolta la giornata dello shooting vero e proprio?
Siamo arrivati al mattino presto alla Venaria e abbiamo avuto un attimo di grande meraviglia, dove siamo rimasti tutti col naso all’insù abbagliati da tanta bellezza, dopodichè abbiamo detto “ok dai, riprendiamoci e iniziamo”. Tra l’altro quel giorno pioveva ed ha piovuto per tutto il giorno, per cui noi che pensavamo di sfruttare i fasci di luce che entravano dall’esterno, anche per creare degli effetti con la macchina del fumo, ci siamo ritrovati in tutt’altra situazione. In realtà quella luce si è rivelata essere un regalo, addirittura Vittoria ha ringraziato “la pioggia torinese” che ci ha permesso di interpretare il salone in un modo diverso. Questa luce così morbida ha consentito di tirare fuori maggiormente la texture degli abiti e i volumi. Ho scattato tutto a luce naturale, cosa che amo molto, anche nel mio lavoro di ritrattista. Per non parlare dell’incredibile prospettiva della sala, si ha l’impressione che tutto ciò che metti al centro si stacchi, come fosse in rilievo. Questo fuoriprogramma mi ha insegnato che quando c’è qualcosa che non ti aspetti è perchè alla fine arriva qualcosa di più bello.

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E come avviene la selezione delle modelle?
Ho voluto dare più scelta possibile, coinvolgendo più agenzie e contatti diretti. Molto spesso il cliente ha in mente il volto che interpreterà la sua collezione, ma non lo riconosce finchè non lo visualizza. La prima scrematura l’ha fatta Vittoria selezionando una cinquina di modelle possibili, poi ci siamo consultate, e siamo arrivate insieme alla scelta finale.
E con Eleonora è stato amore a prima vista?
Sì perchè, oltre ad essere bellissima, Eleonora ha un’eleganza classica ma moderna, che è esattamente quello che Vittoria voleva per questi suoi abiti, molto difficili da scattare perchè non volevamo che risultassero “vecchi” ma volevamo che risultassero eleganti. E non è semplice. Il rischio più grande con abiti da cerimonia è che possano risultare pesanti, troppo classici, antichi. Oltretutto Vittoria desiderava che gli abiti fossero anche sensuali: una spalla scoperta, una scollatura sulla schiena appena accennata, una trasparenza sul decoltè, accentuati da queste linee anni ’50, se interpretati correttamente possono essercitare davvero un richiamo fortissimo alla femminilità. Ed Eleonora era perfetta con la sua grazia e naturalezza. Oltretutto ho scoperto che è una ballerina: quando ha indossato l’abito nero nel Corridoio di Diana le chiesto di fare dei giri, lei l’ha fatto con una tale leggiadria che ci ha lasciati tutti stupiti. Allora le ho chiesto di farne altri e lei li ha ripetuti più volte, tutti perfettamente. Infatti è stato un disastro scegliere la foto più bella!

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Quanto tempo ci hai messo a scegliere le foto?
Avevo i tempi stretti, in una settimana dovevo fare tutto, ma ormai ci sono abituata. Di solito scarto già un po’ di foto in sede di shooting, poi faccio una prima selezione e poi le metto da parte, me le dimentico per un giorno. Quando le riprendo faccio un’ulteriore scrematura, salvandone 4/5 per set. L’ultima selezione è la più difficile, ho imparato che quella che mi emoziona di più è la foto che funziona. Dipende anche molto dal cliente con cui lavoro, con Vittoria è fantastico perchè abbiamo dei gusti estetici e fotografici molto simili, per cui è un piacere con lei.
Proseguiamo la chiacchierata raccontandoci di esperienze precedenti e di progetti futuri, di quanto sia stato rivoluzionario per Manuela lasciare il teatro di posa che è stato il suo studio per tanti anni, per ricercare un nuovo modo di lavorare, nuove locations che rappresentano un nuovo set ogni volta, piccole grandi sfide che si rinnovano. Mi rendo conto che un articolo non basta, passerei le ore ad ascoltarla raccontare dei suoi viaggi, dei suoi progetti in fieri, della sua voglia di non stazionare mai nella “comfort zone” che pur giovanissima si sarebbe già costruita, ma il tempo incalza, ho un concerto che mi aspetta e devo purtroppo andar via, felice della nostra chiacchierata ma ancor più di aver ri-trovato un’artista che ha fatto della sua passione un lavoro e del suo lavoro una forma d’arte.

INTERVISTA APPARSA SU http://www.downtownmood.com/2015/11/22/fashion/la-costruzione-di-un-amore-di-catalogo/#more-1984

Insegnare o Trasmettere?

 

Mi capita spesso che mi venga chiesto perché ho deciso di insegnare. Terminerà nei prossimi giorni questa edizione del corso professionale di fotografia di moda alla Shoot Institute, per il quale sono docente titolare.

La verità è che, per quanto mi senta onorata che mi sia costantemente rinnovata questa possibilità, io a considerarmi un'”insegnante” faccio proprio molta fatica. Mi sento ancora così “in progress”, personalmente e professionalmente, che spesso mi chiedo se sono la persona più adatta per trasmettere agli aspiranti fotografi i valori e i concetti necessari per intraprende questa professione. La figura di un “mentore” me la sono sempre immaginata come di un qualcuno ormai “arrivato”, di un guru al quale rubare la formula magica per fare foto meravigliose e diventare ricchi e famosi.

Quello che l’esperienza mi ha però insegnato è che essere un fotografo non è solo imparare a posizionare luci, utilizzare fotocamera e photoshop per fare belle foto (ormai questo lo sanno fare anche moltissimi, bravi, fotoamatori ). Essere un fotografo è una costante ricerca, personale e creativa, di gusto, senso estetico, relazioni personali, comunicatività, sensibilità, espressività, cultura, contenuti e forme. E’ un modo di vivere. E mi auguro davvero che questa ricerca non termini mai: qualora succedesse, e io mi sentissi “arrivata”, credo che cambierei lavoro.

La formula magica in effetti esiste ed è proprio quello che vorrei trasmettere ai miei studenti: trovare il proprio, personalissimo, unico modo per mettere loro stessi nelle proprie foto, per avere la forza di mettersi in gioco, ogni giorno, sia nei giorni “up” che in quelli “down”, mantenendosi costantemente in equilibrio tra la ricerca personale e le fatture, e convivendo con questa altalena nel modo più sereno possibile. E’ vero, spesso puoi cadere, ma alla fine, continuando a  dondolare, spesso arrivi quasi a toccare il cielo.

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